Fixing Dell’oro, Cos’è E Come Viene Stabilito

quotazione oroL’oro è storicamente, il bene rifugio per eccellenza, sia grazie alla sua sostanziale immunità dai discorsi legati a svalutazione e inflazione, sia per il suo ruolo di “paracadute” nei momenti in cui i mercati finanziari sono particolarmente turbolenti. Tutte le banche centrali dei principali Paesi hanno una riserva aurea che utilizzano come riserva monetaria, sfruttando, oltre al valore in sé dell’oro, la sua caratteristica di non richiedere un grosso ingombro, di non deperire nel tempo e, non ultimo, di avere una validità assolutamente mondiale.

Tutto ciò, comunque non esclude il fatto che anche l’oro sia soggetto a quelle leggi del mercato che governano l’economia globale e che ne determinano, seppure in maniera minore rispetto ad altri fattori economici, delle variazioni.
In un contesto sempre più globalizzato, i fattori che hanno un ruolo fondamentale nello stabilire la quotazione dell’oro sono diversi e non tutti competono esclusivamente il versante economico, coinvolgendo anche gli scenari sociali e politici.
La prima cosa da sapere, per approfondire l’argomento, è che il punto di riferimento per le quotazioni dell’oro è la città di Londra: è qui che, alle ore 10,30 e alle 15 di ogni giorno la London Bullion Market Association (nota anche con la sigla LBMA) compie il London Gold Fixing, stabilendo il prezzo dell’oro che funge da riferimento a livello internazionale.
Questa metodologia, che dura fin dal 1919, la si deve alla famiglia Rothschild, che diede inizio all’operazione contando sulla collaborazione di altri quattro potenti mercanti d’oro. Oggi alle famiglie dai cognomi importanti si sono sostituiti istituti di credito e brooker autorizzati (rappresentanti della Barckays Bank, della Bank of Nova Scotia Mocatta, Deutsche Bank, la Société Générale e l’HSBC Bank, per dare un’idea dei protagonisti all’interno dell’LBMA) , ma di fondo, la procedura non è così diversa: il prezzo che esce dalla riunione di questo ristretto comitato è quello che viene poi comunicato al mercato e sul quale si basano le contrattazioni di tutto il mondo.

Scendendo più nello specifico, si può dire che il fixing funziona come una contrattazione collettiva: la seduta si apre con la comunicazione, da parte del “Chairman”, di un prezzo dell’oro che sia in linea con quello dei mercati in quel momento. Dopodiché si aprono le contrattazioni e ogni membro dell’LBMA, dopo aver consultato il proprio ufficio di riferimento, dichiara il suo interesse, o meno, a vendere o comprare oro alla cifra proposta. Il meccanismo va avanti fino a che domanda e offerta non trovano un punto di incontro.

La domanda, a questo punto, è: su quali basi i componenti dell’ LBMA decidono a che cifra vendere o acquistare il prezioso metallo?
Dare una risposta univoca non è assolutamente semplice, ma, per iniziare, si può dire che, come per ogni materia economica, un ruolo fondamentale lo gioca l’equilibrio di domanda e offerta. Per l’oro, gli attori principali di questa “bilancia” sono i più importanti istituti bancari centrali nazionali, l’insieme degli investitori e l’industria dei gioielli e della tecnologia, che utilizzano l’oro per le loro produzioni.

Tradizionalmente, le banche centrali dell’Europa e degli Stati Uniti hanno riserve auree molto elevate, percentualmente molto superiori a quelle delle banche dei paesi emergenti. Questo fa sì che, oggi, la domanda di oro sia quasi sempre in crescita: economie in rampa di lancio come quelle di Cina, India o Brasile, nel momento in cui decidessero di aumentare in maniera considerevole le proprie riserve, coinvolgerebbero il mercato dell’oro in una consistente variazione dei propri scenari e dei propri valori.
Analogamente, tanti Paesi del Vecchio Continente si trovano a dover fare i conti con debiti sovrani molto pesanti, che inevitabilmente portano a una svalutazione della moneta e a una conseguente maggiore richiesta di oro per rinforzare ancor più le riserve auree, scudo di sicurezza proprio contro l’eccessiva svalutazione, visto il suo sostanziale essere immune da essa.
Di contro, la richiesta di oro proveniente dall’industria è diminuita negli ultimi anni a causa di una crisi economica che ha ridotto la produzione. Inoltre, l’aumento del valore dell’oro non ha certo giovato al reperimento del metallo da soggetti le cui riserve non possono essere paragonabili a quelle delle banche. Il discorso non è di poco conto, perché tra industrie dei gioielli, realtà legate al mondo della tecnologia (che utilizzano l’oro per diverse componenti) e aziende impegnate in ambito odontoiatrico, la richiesta globale di oro da parte di questo settore incide in maniera piuttosto considerevole.
A questi fattori si aggiungono quelli di ordine sociale: la maggior parte dei Paesi da cui l’oro proviene, infatti, si trovano in parti del mondo la cui situazione politica è instabile se non, a volte, di vera e propria guerra. Per questo è inevitabile che eventuali disordini di ordine pubblico comportino rallentamenti nell’estrazione e una minore offerta di oro sui mercati con inevitabili ripercussioni sul prezzo finale.

Il petrolio, invece, nei confronti dell’oro non gioca un ruolo di influenza ma, piuttosto, ne rispecchia l’andamento. Sia l’oro che il petrolio infatti, sono due beni le cui oscillazioni sono legate agli stessi fattori (soprattutto instabilità politica e sociale, eventuali conflitti e crollo generale dell’econonomia), per questo, solitamente, all’aumentare del prezzo dell’uno, corrisponde l’aumento anche dell’altro.
Andamento inversamente proporzionale ha, invece, il dollaro. Nel momento in cui la valuta si rafforza, infatti, il prezzo dell’oro diminuisce, per il semplice fatto che, per comprare una stessa quantità di oro, avrò bisogno di un minor numero di dollari. Viceversa, se la moneta si indebolisce, l’oro aumenta il suo valore.